Carnevali

Il Carnevale di Ivrea

Il vero e proprio valore del Carnevale di Ivrea è lo spirito di autodeterminazione del popolo che lo organizza

Il Carnevale di Ivrea è un evento davvero straordinario, ormai riconosciuto a livello internazionale. Si tratta di una manifestazione che, in base a quanto dichiarato dalla comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 27.09.1956 (foglio n. 02999/894 di prot.), porta ogni anno in piazza la storia, la tradizione, lo spettacolo, le emozioni e i grandi ideali di questa magnifica città in provincia di Torino.

Il vero e proprio valore che contraddistingue questo particolare Carnevale dagli altri è lo spirito di autodeterminazione del popolo che lo organizza, che ogni anno tiene a rievocare eventi molto antichi che lo hanno coinvolto. Il più importante è sicuramente il momento che ha segnato l’affrancamento dalla tirannide, che si fa risalire al medioevo: la storia narra che un barone, che impropriamente affamava la città di Ivrea, venne scacciato dalla zona grazie alla ribellione della figlia di un mugnaio.

Questa personalità è addirittura diventata l’eroina della festa di Ivrea, la “Mugnaia“, che viene affiancata dal Generale, che dall’800 ha il compito di garantire un corretto svolgimento della manifestazione. Il Generale si fa sapientemente affiancare da uno “Stato Maggiore Napoleonico”, costituito da vari Ufficiali a cavallo e da graziosissime Vivandiere.

A completare questo quadro vi sono altri personaggi storici come il Sostituto Gran Cancelliere, il Magnifico Podestà garante della libertà cittadina, e il Corteo con le “Bandiere dei Rioni”, costituito dagli Abbà, dai Pifferi e dai Tamburi.

La storia della battaglia delle arance

Il momento più importante del Carnevale, che rievoca la liberazione del popolo di Ivrea dal tiranno, è sicuramente quello della “battaglia delle arance”. Si riferisce proprio all’avvenimento del 1200, quando Violetta, la figlia di un mugnaio e promessa sposa a Toniotto, non volle sottostare alle leggi del tempo imposte dal tiranno.

La giovane, non solo si ribellò, ma addirittura salì al castello, decapitando il Barone e accendendo la rivolta popolare, che terminò con la completa distruzione dell’edifico, mai più ricostruito. Da quel momento il popolo vuole ricordare l’avvenimento con la “Battaglia delle arance”, composta dagli aranceri, che, a piedi e sprovvisti di qualsiasi protezione, desiderano combattere a colpi di arance contro le armate del Feudatario: queste ultime vengono impersonate da tiratori scelti, i quali indossano invece protezioni e maschere, e combattono su carri trainati da cavalli.

Prima della battaglia delle arance, si combatteva quella dei fagioli, visto che la leggenda narra che due volte l’anno il feudatario donasse dei fagioli alle famiglie povere, prontamente rifiutati in segno di disprezzo per la cattiva condotta del dittatore, che mal gestiva la sua politica. E’ dall’Ottocento che vengono utilizzate le arance, assieme ai coriandoli, ai confetti, ai lupini e ai fiori: più che con finalità aggressive, le ragazze lanciavano questi oggetti per farsi notare dagli uomini più belli del paese.

Al giorno d’oggi, prendono parte alla battaglia delle arance ben 4000 tiratori a piedi e sprovvisti di armature, suddivisi in nove squadre: quelle di Picche, di Morte, di Tuchini, di Scacchi, di Arduini, di Pantere, di Diavoli, di Mercenari, e di Credendari; i carri, invece, sono soltanto 50.

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